Abbiamo conosciuto Francesca e Alesha all’inizio dell’Estate del 2017 per preparare il pranzo del loro matrimonio all’Abbazia Mirasole. Si sono sposati il 2 settembre dello stesso anno con rito misto ortodosso-cattolico in Sant’Ambrogio. Guardate cosa scrive Francesca sulla sua pagina facebook:
“Non amo scrivere ma, non potendo andare a Milano perché le regole sul Covid me lo impediscono, ho deciso di fissare qualche pensiero.
Sono passati 8 anni dal mio primo viaggio in Ucraina. Ricordo ancora l’arrivo all’aeroporto di Kiev, paese sconosciuto, nuovo. Ho incontrato Sasha, autista, nel tragitto fino a casa mi chiede chi sono e subito dopo chi sono i miei genitori, i miei fratelli, mio nonno e come stanno tutte queste persone, per lui perfetti sconosciuti. Siamo diventati amici.
L’Ucraina ha lo strano potere di conquistare il cuore di chi ci passa, ci si ritorna e c’è chi decide di restare. La sua storia, la sua arte, i suoi paesaggi ma soprattutto la sua gente accogliente, piena di talento, aperta, laboriosa, professionale e creativa, piena di voglia di fare, di costruire; infinitamente paziente, mite e coraggiosa. Gente viva, che ama il proprio paese, il bene comune, spesso povera ma con un grande amore per la cultura: Sveta fa l’estetista, scappata dalle zone colpite dalla guerra nel 2014 si è ricostruita una vita a Kiev con i suoi tre figli, vivono in un bilocale dove accoglie anche le clienti per fare la manicure; tutti i weekend va a teatro con il figlio più piccolo, la più grande appassionata di opera che conosca.
Sveta e Sasha, marito e moglie, vivono in una piccola casa in campagna fuori Kiev, contadini veri, l’orto più bello che abbia mai visto, ordinato, pulito, instancabili lavoratori, vivono letteralmente lavorando e pregando, non hanno niente e sanno regalarti tutto. Lena, giornalista, nel 2014 si trasferisce nelle zone di guerra del Donbass, da allora organizza e sostiene come può famiglie e bambini che da 8 anni vivono nelle zone calde di questo conflitto. Galina, la nonna più imbronciata che conosca, a ogni incontro mi chiede di convincere i nipoti a lasciare l’Ucraina: qui non c’è speranza (ma i suoi occhi la tradiscono) ma del resto cosa lo dico a te, anche tu, Francesca, cosa ci fai qui?
In questi giorni ripenso a tutti questi incontri, cerco di non dimenticare questi volti. Con grande senso di impotenza e preoccupazione – divorano mentre guardi quello che sta accadendo da lontano – cerchiamo come possiamo di contattare amici, conoscenti o persone incontrate nelle più svariate circostanze. Qualcuno ha scritto che oggi in Ucraina ogni messaggio: “Dove sei? Come stai?” significa solo: ti voglio bene. Facce e destini che nessuno sa come ma mi sono stati regalati perché il mio cuore si converta un po’.
Dove sei Sveta (un’amica)? sulla strada verso la Polonia, è la seconda volta che scappo dalla guerra, è risuccesso.
Dove sei Katya (la nostra babysitter)? Sono a casa da sola, piango.
Dove sei Galia (la mia ginecologa, ora è lei incinta, al 9° mese)? Sono a casa, con mio marito e mia figlia di 2 anni, non abbiamo fatto in tempo a lasciare la Capitale, per ora stiamo bene, non dormiamo la notte. Almeno voi siete riusciti a partire?
Dove sei Artem (un amico)? In un seminterrato in una casa di campagna, volevamo partire per Leopoli ma ieri (il 23 febbraio) non mi sono fermato a fare benzina per non fare tardi, poi è iniziata la guerra, ora non si riesce a trovare un benzinaio aperto, non siamo riusciti a partire, non me lo perdonerò mai.
Dove sei Misha (un amico)? Con i bambini fuori città, Sveta (la moglie, che ha fatto un incidente in macchina settimana scorsa, ora è in ospedale in fin di vita) sta male, speriamo che le medicine bastino, non so come fare a portargliene altre, i medici sono nei rifugi antibomba, lei in rianimazione praticamente da sola. Ho dovuto lasciarla anche io, dovevo portare via i bambini.
Dove sei Anna (una collega)? Ci spostiamo tra casa e il parcheggio sotterraneo al suono delle sirene.
Dove sei Katya (un’amica)? Con mio figlio di tre mesi, mio marito, i genitori, e i fratelli a casa, per ora non ci muoviamo, per fortuna siamo insieme.
Dove sei Nastya (un’amica)? A casa di sconosciuti, con mio figlio di 3 mesi e mio marito, ci hanno accolto per questa notte sulla via per Leopoli.
E tanti, tanti, tanti altri, come sgranare un rosario, i misteri dolorosi. Ma ci è stato detto che persino i capelli del nostro capo sono contati. E allora, come mi ricordava un grande amico, Dio sia lodato, non è tutto nella testa di Putin ma nelle mani di Dio.